Procida diventa l’isola della catarsi e dell’introspezione nel romanzo di Franco Cordelli, intitolato per l’appunto “Procida”. Titolo d’esordio uscito nel 1973, quando l’autore era trentenne, il racconto segue le vicende dell’autore, raccontate attraverso una narrazione che riprende, in particolare nella seconda edizione del romanzo, lo stile del diario.
La vicenda inizia con il protagonista che lascia Roma e la famiglia, per ritirarsi sull’isola di Procida, in una casa che non possiede i fasti e le comodità, ma dove “topi e formiche girano liberamente”.
Sul suo diario, gli accadimenti riportati diventano il resoconto degli stati mentali. In particolare, Cordelli, rifuggendo dal romanzo comunemente inteso, riesce a dare vita a una storia dove nessun evento è significativo.
Quando il protagonista sarà raggiunto dalla figlia e da un gruppo di amici e la vicenda assumerà le caratteristiche di un giallo, con il ritrovamento di un cadavere proprio vicino alla sua casa, allora il racconto assume una diversa prospettiva che infittisce questa discesa nei meandri di stati d’animo complessi come il desiderio di morte che si intreccia con emozioni.
Come lo definiva l’autore stesso: “Procida è un romanzo sulla nientità”. Il romanzo raccoglie il desiderio di distanziamento dal mondo e dalla natura stessa. Un racconto in cui sono gli stati mentali che hanno bisogno di essere decifrati e non le vicende.